Fellini (70x35)

tecnica mista su tela (2003)

Non so se oggi si possa fare il ritratto a qualcuno che racconti del suo ritratto, ossia non l'autoritratto dell'artista stesso, ma il ritratto del ritrattato. Insomma, ritrarre un personaggio già conosciuto nel firmamento delle stelle, implica da parte del pittore un impegno che lo liberi dall'influsso dell'immagine stereotipata che il ritrattato ha nei media. Per l'artista Molina l'operazione del fare è quella di scardinare l'immagine già omologata. In questa serie di ritratti massacra e dissacra il fondo dell'opera attirando così lo spettatore nella profondità del quadro dove l'esplorazione psicologica, ottenuta con colori cupi ed aggressivi, nel senso dei "fauve", raggiunge un'incisività corrosiva di straordinaria intensità. Di questo la Molina ce ne dà un esempio rinunciando alla delizia del ritratto sublimato in quanto tale. Il ritratto del regista Martin Scorsese (proprietà del ritrattato) ne è la superba testimonianza e una validissima consacrazione.

 

Testo di Sandro Trotti