Tipologie del volto, tipologie della mente: il linguaggio è il soggetto instabile della rappresentazione: la pittura di Edelweiss Molina scardina il ricinto della divina mìmesis per avventurarsi all’esplorazione dell’inespresso, dei lati silenziosi ed immoti della psiche del personaggio ritratto.
La pittura è per l’artista quello strumento capace di svelare le contraddizioni d’un’esistenza: qui, sullo schermo del colore, s’ammassano come flutti parole e pensieri inespressi. Il personaggio ritratto è il re nudo della pittura: liberato dalla sua celebrativa ed incombente rappresentatività sociale, intellettuale, esiste in termini pittorici per ciò che realmente è, una visione di realtà liminale che forse neanche lui stesso conosce.
Non sono semplici ritratti ma veri e propri attraversamenti della soglia a ricostruire il bestiario iconograficamente esemplare d’un composito divenire umano. La pittura non assolve quel celebralismo vuoto che è tipico del ritratto realistico ma piuttosto si diverte a suggerire all’osservatore l’esistenza di una significazione più complessa e sotterranea: il ritratto non s’esaudisce in una descrizione fine a se stessa ma punta a divenire una sorta di strumento d’indagine interiore del soggetto rappresentato.
Per Edelweiss Molina la pittura è quella lente attraverso la quale poter osservare oltre l’apparenza delle cose del mondo: ma per far questo l’artista deve riuscire a trasgredire la regola dell’apparizione, dell’epifania fenomenica. Ed è la fatica del lavoro dell’arte attraversare, infrangere i piani della prospettiva lineare, scardinare assi cartesiani e compostezze visive per avventurarsi allo scoperto, senza protezioni, all’esplorazione dell’inusitato, alla pratica di una pittura che non ricerca l’ordine ma piuttosto lo scavo interiore tra le pieghe e le piaghe dell’anima.
Oltre lo specchio volubile della mimesi, l’artista riesce a catturare con i tratti di una calligrafia del colore veloce, volutamente convulsa, le fisionomie mutevoli del profondo del soggetto. Pittura come archetipo complesso d’un immaginario capace di dilatarsi non fermandosi sulla soglia della semplice apparizione fenomenica. Distruggendo piani e prospettive l’artista ricostruisce i sogni di un nuovo mondo e al tempo stesso oltrepassa la staticità narrativa che è tipica del ritratto per trasformare ogni lavoro in un’istantanea esemplare di un’umanità. In questo senso il ritratto non è più luogo celebrativo della memoria, del ricordo di tratti e fisionomie, ma piuttosto una scatola aperta, il luogo prediletto del rimescolarsi degli stadi mutevoli della coscienza. Qui il personaggio non è rappresentato per ciò che è o che rappresenta ma piuttosto per l’esaudirsi pittorico del proprio dramma interiore, che i più chiamano esistenza. Ritratti di artisti contemporanei, eroi della filmografia ancient siècle, comunque non soggetti d’un’esistenza minore, ma piuttosto tutti attori di scorribande culturali ed esistenziali. E non è un caso che le vite di alcuni di loro si intreccino in vincoli solidali, d’amicizia terrena. Ma sul piano della pittura la vita è ben altra cosa: è forse l’affiorare d’una solitudine inconfessata, d’ un disperato bisogno d’esistere, il realizzarsi nell’hic et nunc, forse solo desiderio di voler lasciare un segno, un’ impronta del proprio cammino. E la pittura di Edelweiss Molina riesce proprio a far affiorare come tagli improvvisi di colore quest’ansia, quest’inquietudine così invasiva capace di squassare i tranquilli confini dell’esistenza.
Nelle pieghe e nelle piaghe dello sguardo si distendono tutti i dubbi, le lacerazioni, i drammi d’ aspirazioni inconfessate. In una visione aperta della pittura cade la maschera, si denuda tutta l’apparenza che è vanitas vanitatum del “personaggio” ritratto. A significare che la pittura non tanto come mezzo di rappresentazione ma d’esplorazione del profondo è quella magica macchina della verità capace di mettere a nudo le contraddizioni del soggetto rappresentato, a far emergere la sua miseria e nobiltà, rendendolo più umano e proprio per questo più vicino ad ognuno di noi.
(ottobre 2009) Lidia Reghini di Pontremoli
Martin Scorsese (50x70)
tecnica mista su tela (2001)